martedì 19 novembre 2013

La rimozione di Dio dall'orizzonte dell'uomo

La terza scheda di approfondimento del prof. D'Amico.

Grati per la competenza e la disponibilità, pubblichiamo il terzo contributo del prof. Stefano D'Amico per la formazione di Adulti e Giovani.
 
E' a tutti fin troppo noto che Edvard Munch (Loten, 1863 – Oslo, 1944) è il pittore dell'angoscia e dello smarrimento, colui che ha esplorato a fondo temi legati alla paura, alla malattia, alla morte, alla malinconia e all'ansia. Ma questa triste fama non rende merito alla sua opera. La sua vita fu profondamente segnata dalla sofferenza: "Nella casa della mia infanzia abitavano malattia e morte. Non ho mai superato l’infelicità di allora. Così vissi coi morti. Credo che nessun pittore abbia vissuto il suo tema fino all’ultimo grido di dolore come me quando ho dipinto La bambina malata. Non ero solo su quella sedia mentre dipingevo, erano seduti con me tutti i miei cari, che su quella sedia, a cominciare da mia madre, inverno dopo inverno, si struggevano nel desiderio del sole, finché la morte venne a prenderli".
Anche la vita sentimentale fu disastrosa, malato fisicamente e psichicamente, abusò di alcol e trascorre lunghi periodi in sanatori e case di cura e nel 1937 il regime nazista definì "degenerate" le sue opere ritirandole dai vari musei della Germania. Eppure non fu un disperato come Van Gogh: partecipò attivamente alla vita intellettuale del suo tempo, amico di scrittori e poeti, acclamato in Germania come il più grande artista, ebbe fama e gloria e realizzò anche opere piene di vitalità come i dipinti per l’aula magna dell’Università di Oslo.
Nato in una famiglia protestante e praticante, ben presto si allontanò dalla pratica religiosa, conobbe la filosofia di Nietzsche e di Kierkegaard e nelle sue opere sono rintracciabili molti elementi della cultura letteraria nordica del tempo, dai drammi di Ibsen e Strindberg, alla psicanalisi di Sigmund Freud. Tuttavia il riferimento alla fede restò, misteriosamente, in controluce: "Si potrebbe dire – scrisse nel 1929 - che sono stato uno scettico, ma che non ho mai negato né preso in giro la religione. Il mio dubbio era più un attacco al superpietismo che ha dominato la mia educazione" per poi rivolgersi direttamente a Dio con queste parole: "Tu sei una cosa inconcepibile che si trova in profondità all’interno del protoplasma, in cui sei come una testa infinitamente grande dipinta nel firmamento, Dio, l’inconcepibile, oltre il pensiero, il grande segreto, la giustizia".
Ho sempre pensato a Munch e a L'urlo, dipinto nel 1893, pensando a Giobbe e al suo grido che – come è stato detto - "non è il grido di un uomo ma l'accento che viene dal più profondo dei secoli ed è il primo e l'ultimo vagito dell'anima, di ogni anima". Perchè gli artisti, anche i più lontani da Dio e dal Mistero, hanno una percezione forte del futuro che ci attende e a volte hanno persino il dono della profezia e nascosto tra le pieghe della loro arte si cela un annuncio.
Quella larva d'uomo che grida non è un simbolo, è Munch stesso: "Non mi riconoscete, ma quell'uomo sono io", un uomo che grida non per rabbia o follia, ma per paura, la paura di chi ha visto, o intravisto, – dice Ferdinando Camon - "la dissoluzione del mondo, la fine cosmica, la morte di tutto, la solitudine di chi non ha nessuno, sta su un ponte, sotto di lui l’abisso, e non vede salvezza". Noi, alla luce dei precedenti incontri, potremmo anche pensare che Munch ha sperimentato, l'assenza di Dio dall'orizzonte umano (l'uccisione di Dio, direbbe Nietzsche). Ma come per Giobbe quell’urlo può divenire infine un’invocazione, una preghiera straziante a Dio perché si manifesti.
Concludeva l'artista il suo ricordo: "L'intera scena sembra irreale, ma vorrei farvi capire come ho vissuto quei momenti. Attraverso, l'arte cerco di vedere chiaro nella mia relazione con il mondo, e se possibile aiutare anche chi osserva le mie opere a capirle, a guardarsi dentro." Quella larva d'uomo siamo quindi tutti noi così spesso impauriti dalla morte come fine di tutto, dal vuoto, da una vita priva della luce di Dio, in preda alla disperazione e forse già morti. Munch ha avuto il coraggio di gridare per tutti noi. E noi cosa risponderemo? Saremo capaci – concludeva Camon – di sentire la presenza di un Dio che dev'essere lì da qualche parte anche se lì non lo si vede?

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