lunedì 27 ottobre 2014

Ciò che rende la fede difficile

Vademecum per pellegrini che si stancano spesso
di Jean-Paul Hernandez

Le difficoltà della fede sono le stesse difficoltà dell'amore. Perché la fede è una relazione che vive solo se ama. La Bibbia descrive al fede come un saper rischiare. La si può paragonare al passo in avanti di un corpo umano.
In effetti ogni passo è l'inizio di un precipitare. E' una perdita di equilibrio, una possibile caduta. Il passo è uno squilibrio tra due brevi momenti di equilibrio. Si può dire che il passo è quel "sapere" che trasforma che trasforma la caduta in uno spostamento in avanti. Si vede bene nei bambini piccoli, quando iniziano a "saper camminare". Ogni spostamento della gamba è un terribile rischio! Così è la fede. Essa non cancella l'instabilità umana ma la trasforma in un progresso.
Come il camminare in posizione verticale, la fede è qualcosa di "quasi innato" nell'uomo. Anzi di specifico. Gli antropologi parlano di "homo viator". Eppure è qualcosa che si impara. Senza l'esempio e l'accompagnamento del genitore il bambino camminerebbe in modo molto goffo. Così la fede è accompagnata da un "maestro" che insegna a "saper credere". Questa "madre nella fede" può essere la famiglia, la comunità, un amico, dei testimoni. E' ciò che i primi cristiani hanno chiamato "la Chiesa".
Il cammino del credente non è un evitare i rischi, non è un cercare la stabilità o una quiete - solo un morto è stabile! Il credente è e deve essere uno squilibrato, uno sbilanciato. Il camminare nella fede è quella sapienza che porta il corpo, squilibrio dopo squilibrio, al luogo del suo desiderio. Perciò nella Bibbia l'immagine del credente è quella del pellegrino. Cioè di qualcuno che arriverà alla metà dopo che tanti suoi squilibri saranno diventato amore.

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